Intervista con Roberto Trinci Responsabile Artistico di Sony Publishing

 
 
 
Iniziamo il nostro percorso nella rubrica 'Musica Insieme' con il responsabile artistico di Sony Music Roberto Trinci: 

Laureatosi nel 1991 con il massimo dei voti e una tesi sul marketing discografico, Roberto Trinci consegue un Master in Business Comunication presso Cà Foscari e dal ’94 inizia a lavorare come band manager per Elio e le Storie Tese e label manager di Casi Umani, Psycho Records, Casasonica. Direttore Artistico di Ricordi Music Publishing dal 1997, nel 2005 diventa Direttore Artistico di EMI Publishing Italia oggi Sony Publishing Italia. Ha firmato e scoperto, tra gli altri:  Subsonica, Baustelle, Cosmo, Zen Circus, Colapesce e Dimartino, Tre Allegri Ragazzi Morti, Gazzelle.

 

Ciao Roberto grazie per la disponibilità e benvenuto, iniziamo subito la nostra chiacchierata. Come sei entrato nel mondo della musica e come hai fatto a diventare direttore artistico di Sony Music?

Grazie a te e grazie a voi, allora per rispondere alla tua domanda parto dall’inizio, sono stato  appassionato di musica sin da giovanissimo, ascoltavo musica e mi facevo i miei appunti sulle canzoni che ascoltavo alla radio perché  allora, (si parla di quando avevo 10 anni nel 1976),   tante cose che ci sono adesso per ascoltare musica non c'erano. Ero un appassionato di musica ma non ho mai suonato, non sono mai stato un musicista  e quindi non pensavo in realtà di riuscire a lavorare in questo settore. Mi definisco un ascoltatore professionista. Poi, all’università, il mio professore mi ha detto di fare la tesi su un argomento che mi piaceva e ho fatto una tesi sul marketing discografico. Dopo la laurea ho fatto un master in Business Comunication e ho iniziato a mandare curriculum nelle varie case discografiche. Allora ho scoperto che non funzionava così, i curriculum all’epoca le case discografiche non li consideravano del tutto. Ho cominciato quindi da freelance, mi occupavo di seguire dei gruppi esordienti, mi facevo mandare il materiale, cercavo di capire dove potevano essere piazzati questi gruppi e li proponevo alle case discografiche. Dopo che ho collocato due gruppi alla Warner,  ricordo erano La Crus di Milano e i Massimo Volume di Bologna, mi ha chiamato il manager di Elio e le Storie Tese Marco Conforti e mi ha chiesto se volevo andare a lavorare con loro nel management del gruppo, poi sono passato all'etichetta a loro collegata, la Psycho Records, quindi ho iniziato così.

Prima hai fatto un passaggio, hai detto che hai piazzato due gruppi alla Warner (Warner Music Italia è la società italiana parte di Warner Music Group, fra i leader a livello mondiale di musica registrata, di publishing e di servizi agli artisti e alle label), come ci sei arrivato?

In realtà ho mandato un po'di curriculum alle case discografiche durante il master, così ho scoperto che non  facevano assunzioni al momento.  Di solito le case discografiche, le multinazionali, assumono persone quando già hanno un pò di esperienza. Tino Silvestri, che allora era il direttore artistico della Warner, mi aveva comunque invitato e spiegato che non c'era la possibilità di essere assunto ma, visto che sembravo molto attento alle nuove realtà musicali, mi disse che se ci fosse stato qualcosa di interessante per loro di proporglielo, ed io avrei preso poi una percentuale sul contratto, così ho  iniziato. Facevo il pubblicitario perché era stato molto più facile per me entrare in un’agenzia pubblicitaria, appena poi mi ha chiamato una struttura indipendente, la Psycho Records, etichetta di Elio e le Storie Tese e di Pitura Freska, ho cominciato a fare il discografico con loro.

Oggi invece il tuo ruolo di preciso in Sony qual è?

In realtà sono stato per poco tempo discografico con la Psycho Records, ho fatto altre cose tipo il co-manager dei SubSonica per un anno, il manager dei Baustelle per i loro primi quattro album però, il grosso della mia carriera l'ho fatta nelle edizioni. Sono stato prima direttore artistico all’edizione Ricordi, poi direttore artistico alla BMG, alla Emi e poi, quando la Sony ha comprato la EMI, sono diventato direttore artistico della Sony, questo accadde 10 anni fa nel 2012 quando c'è stata la fusione tra Sony e EMI. Una delle caratteristiche di questo settore è che ci sono state molte fusioni per cui, quando ho iniziato a lavorare nel ‘94 c'erano, mi sembra di ricordare, almeno 8 multinazionali. Oggi ne sono rimaste tre, Sony, Universal, Warner.   

Ci sono parecchie divisioni o sezioni in questo settore all’interno delle case madri, ad esempio la Sony ho visto che ha la Sony Music, Sony publishing etc:

In realtà il publishing è un altro settore, io che faccio il direttore artistico non percepisco molto la differenza in quanto, per chi fa il mio lavoro, lavorare in una casa discografica o in una società editoriale si può dire che è lo stesso. Il lavoro consiste nel cercare di capire gli artisti che stanno nascendo, che sono nelle prime fasi, su quali investire e poi aiutarli a crescere. In altri aspetti invece, tra casa discografica e publishing esistono molte differenze. La casa discografica prevalentemente si occupa di promozione. Quindi lavora con le televisioni con i giornali con le radio per promuovere i gruppi e gli Artisti, mentre la società editoriale lavora sul diritto d'autore e promuove prevalentemente sul cinema e la televisione  il rapporto con gli artisti è molto diverso.

Puoi spiegare il significato di A&R  in cosa consiste il loro ruolo all’interno delle case discografiche?

A&R significa Artist & Repertoire, è proprio la sintesi del lavoro, cioè prima si sceglie l’artista e poi si sceglie assieme all'artista su che repertorio lavorare, quindi su quali brani lavorare in termini di produzione e in termini di promozione.

Tu sei a capo degli A&R della Sony Publishing?

Si, dal 97 mi occupo di edizioni con una breve pausa quando mi sono occupato del management dei Baustelle, per un anno un anno e mezzo, nel periodo in cui ho lavorato tra la BMG e la EMI. In realtà ho fatto una bella esperienza perché ho aperto Casa Sonica che è l'etichetta dei Subsonica. Era il 2005, quando loro hanno aperto la loro etichetta discografica, in quel periodo ero il loro editore da 8 anni e mi hanno chiesto se gli potevo dare una mano. Quindi è stata un’esperienza molto interessante anche perché sono piemontese di origine e questa esperienza mi ha riportato a Torino. Poi sono diventato il capo degli A&R della EMI e successivamente nel 2014 sono diventato il capo del reparto A&R Sony, in cui adesso mi occupo della consulenza artistica seguendo in prevalenza gli artisti che ho firmato.

TI occupi ancora di scouting?

Si, lo faccio meno perché ovviamente nella nostra società sono praticamente il più anziano. Alla Sony, in un settore che si è molto ringiovanito negli ultimi anni, l’ufficio artistico, a parte me, è fatto da tre ragazze e un ragazzo. Una ha 37 anni e gli altri tre sono tutti ventenni, praticamente a 56 anni mi trovo a lavorare con persone nate dopo il 2000, quindi chiaramente su alcuni repertori legati di più al pubblico giovanile, ai teenager, alla trap e “ai fenomeni”, diciamo dei Talent, lascio il campo ai più giovani perché non è più un ambito, un settore in cui mi muovo bene. Quindi io continuo a lavorare prevalentemente con gli artisti che ho firmato nel tempo dai SubSonica ai Baustelle, dai Zen Circus a Cosmo, artisti  che hanno già una decina d'anni di carriera come minimo, poi però ogni tanto trovo qualcosa di interessante e ci lavoro. Recentemente mi è capitato di firmare artisti all'esordio però diciamo sono legato a certi generi quindi o cantautorali o gruppi, band, dell'area alternativa che si ispirano al cantautorato sulla linea Baustelle SubSonica,  Zen Circus, Tre allegri ragazzi morti, è questo il repertorio di cui mi occupo.

 

Le tue fonti di ispirazione per trovare Nuovi Talenti Quali sono? Quali sono le caratteristiche che cerchi in un artista quando decidi di collaborare con lui o con lei?

Diciamo che sono due discorsi diversi, quello che cerco in un artista è difficile trovarlo, però, ogni tanto capita. Sono due caratteristiche contemporaneamente e sono due caratteristiche che raramente stanno assieme:  a me interessa che ci sia un’originalità del prodotto, quindi non deve essere un prodotto che è simile ad altri che hanno già successo, deve essere un prodotto che ha una sua personalità e un'originalità forte e, allo stesso tempo, deve avere una sua immediatezza e non deve essere troppo complicato da capire. Capisci quindi che è difficile trovare dei progetti che abbiano queste due caratteristiche. E’ molto più facile trovare dei progetti che immediatamente vengono capiti dal pubblico , perché somigliano già ad altri progetti. Oppure, è più facile trovare progetti che siano molto originali che però, farebbero molta fatica a entrare in un mercato perché sono complicati da capire, non sono progetti immediati. Quello che io cerco è un progetto come quello dei Baustelle oppure quello dei Subsonica, sono proprio esemplari in questo senso, cioè sono progetti che da una parte, quando sono nati, sono andati a fare qualcosa che non c'era prima però, comunque, si basavano sulle canzoni, sulla melodia, sugli incisi. Non era musica sperimentale, c'era qualcosa di nuovo ma, senza essere qualcosa di lontano dal mercato.  Invece, per rispondere alla prima parte della domanda, dove prendo l’ispirazione? Io sono abbastanza tradizionalista, vedo che i miei colleghi più giovani si basano molto, direi al 99%, su quello che succede in rete cioè sui social, sui vari Tik Tok, Instagram sulle news di YouTube su internet. In realtà io mi baso ancora molto sulla stampa cioè sono ancora un acquirente della stampa specializzata e sui concerti. Per cui quando vedo segnalato un artista, magari dalle poche riviste che sono rimaste, Rumore, Blow Up, (riviste che si occupano anche di Artisti esordienti), se trovo qualcosa che può essere interessante me lo vado a vedere dal vivo. Poi è chiaro che anch'io, ormai, vado a vedere quante views ha su YouTube, quanti lo seguono sui social network. Devo dire però che non sono più di tanto interessato. Secondo me è un po' un errore da parte degli A&R delle ultime generazioni, cercare artisti sui social e/o sul web perché comunque, se ti basi sui numeri che un artista ha già fatto per decidere se firmarlo o meno, arrivi dopo il pubblico. Un A&R bravo dovrebbe capire prima del pubblico che c'è del potenziale in un progetto, e però è una cosa ovviamente più difficile da fare perché firmando un artista, che non ha ancora un pubblico, ti prendi molti più rischi.

 

Hai detto che vai a  cercarti gli artisti esordienti sulla stampa, sulle riviste specializzate. Se trovi qualcosa di interessante, poi vai a cercare dei video e se c'è la possibilità vai ad ascoltare dal vivo gli artisti. L'esperienza live di un artista e anche la sua capacità di coinvolgere il pubblico non ha un peso?

E’ basilare! Infatti, io mi muovo in un'area che è quella molto vicina al Rock e al nuovo cantautorato, alla musica indie, (per certi colleghi sono stato il 'colpevole' dell'arrivo della musica Indie nelle major perché i primi gruppi che ho firmato da Vasco Brondi a i Baustelle a  Gazzelle, gran parte degli artisti che sono legati alla musica indie, sono entrati nelle major con me), e questo è tutto un settore che si muove molto partendo dal live. Lo Stato Sociale per esempio è uno dei gruppi che io ho firmato proprio basandomi sulla forza del loro live,così come lo stesso Vasco Brondi e le sue Luci Della Centrale Elettrica. Quindi no, io mi baso, direi al 99%, sulla musica live e sull’ascolto diretto, infatti non ho mai firmato per esempio artisti che vengono dai Talent e non ho mai firmato fenomeni esclusivamente radiofonici cioè quelli che azzeccano un pezzo per la radio e poi devono costruire il live dopo aver raggiunto il successo. Prevalentemente preferisco lavorare così sin dall'inizio. Se pensi che il primo gruppo che ho firmato da discografico sono stati i Tre Allegri Ragazzi Morti che sono un gruppo che non ha mai avuto grandi successi radiofonici, (tra l'altro ho fatto una riunione con loro due giorni fa, loro il prossimo anno festeggeranno 30 anni di carriera), eppure sono appunto  un gruppo che da 30 anni vive di musica, quindi proprio un altro modo di lavorare con la musica. Chiaramente quando instauri dei rapporti con artisti di questo genere non devi cambiarli ogni due anni,  perché dura il rapporto e durano anche loro.  Io lavoro con i Baustelle da 25 anni, lavoro con i Subsonica da 25 anni,  con i Tre Allegri da 28 anni è una cosa che, se tu lavori con il giovane rapper che azzecca una canzone per le radio, è molto più difficile da fare. Ecco quindi questa è una cosa che a me è successa quasi casualmente negli anni in cui ho iniziato questo lavoro che erano metà anni 90. A quell’epoca era molto attiva questa scena alternativa, probabilmente se iniziassi adesso a lavorare negli uffici artistici lavorerei anche con chi fa la rap o trap, perché questa è la musica attuale. Io ho iniziato 25-30 anni fa e ho mantenuto quello stile, però diciamo ne sono anche contento perché, secondo me lavorare con musicisti che si basano su un vero contatto col pubblico che è quello dal vivo, è la cosa migliore, mentre andare dietro a  una canzone azzeccata, poi può anche presentare dei problemi.

 

Funziona ancora quello che si faceva una volta negli anni 80/90, ovvero mandare le canzoni nei nastri e/o nelle cassette alle etichette discografiche?

No adesso la parte fisica devo dire, e questo mi spiace, non si usa più, ormai è tutto digitale ma ti devo dire che inviare del materiale fisico o digitale che sia, se non richiesto non viene consideratoIl materiale non richiesto è ormai inutile, l’orientamento delle multinazionali del disco è proprio quello di cestinare materiale e richieste non accompagnate da una ricerca o da una verifica preventiva  dal vivo. Quindi, generalmente chi invia materiale spontaneamente non viene preso in considerazione quasi mai. C’è proprio un'indicazione che viene data per evitare che la gente sprechi dell'energia, dei soldi, per mandare il materiale perché adesso, con i  social e con il digitale, se c'è qualcosa di interessante diciamo che si viene a sapere, mentre prima magari era un po' difficile. Poi c'è anche una logica che è cambiata all'interno delle case discografiche. Fino agli anni 80 il procedimento classico era: Io sono un artista faccio le mie cose a casa e cerco di avere un contratto con una casa discografica o una società editoriale, poi questa struttura mi aiuta a trovare un pubblico. La procedura era questa.  Quindi tu mandavi del materiale, se veniva selezionato la casa discografica lavorava su di te che eri uno sconosciuto totale per cercarti un pubblico. Questa cosa qua ormai da 10, 15 anni si è totalmente ribaltata, anche se nessuno lo dice proprio chiaramente, ma le case discografiche, soprattutto le multinazionali, anche le etichette indipendenti, firmano l'artista se ha un suo pubblico. Esagero anche e dico che le case discografiche firmano il pubblico, cioè, nel momento in cui io firmo Sfera Ebbasta, non firmo Sfera Ebbasta perché mi piace lui, perché mi piacciono le sue canzoni, perché sono entrato nel suo mondo, firmo Sfera Ebbasta perché ha un suo pubblico che io non ho come multinazionale e quindi in realtà lo firmo per prendere il suo pubblico.  Poi è chiaro che il lavoro di investimento è per allargare questo pubblico perché sennò uno potrebbe dire: perché l'artista firma con una multinazionale se ha già il pubblico? Prima di tutto per la parte economica, secondo perché comunque una multinazionale riesce a consolidare e incrementare il pubblico,  però un artista senza un pubblico di base non ha in questo momento nessuna speranza di firmare con una multinazionale  neanchè se fosse De Andrè.  Quindi  un artista di talento deve lavorare per cercarsi un pubblico prima di cercare un contatto con le multinazionali

Ma tu mi insegni che l'artista sa fare l'artista, non sa fare marketing non sa fare promozione.

Non è detto che deve farlo da solo quindi dovrà mettersi assieme all'amico che è più bravo a gestire i social o l'amico che è più bravo a convincere i locali a farlo suonare, cioè è come se si dovessero creare un piccolo team. Infatti molto spesso, tu guarda nel rap , capita che non c'è più l'artista, ci sono dei Team di lavoro perché l'artista solitario che compone a casa le canzoni è proprio un ruolo che non ha più spazio. Non è detto che sia un bene (anzi...) ma è un fatto che bisogna sapere. Infatti, io spesso, quando faccio degli interventi o partecipo a dei concorsi in cui mi chiedono di parlare agli artisti giovani,  consiglio proprio questa cosa, nel mirino dei giovani artisti ci deve essere il pubblico. Cioè loro devono lavorare per conquistarsi un pubblico. Ovviamente non devono conquistarsi mezzo milione di persone che vadano ai loro concerti,ma comunque un pubblico.

Occorre avere un pubblico, non funziona più senza. Ed è una cosa un po' triste ma è così, ti dicevo prima che uno, anche se fosse De Andrè, ma sta a casa da solo a comporsi le canzoni, in questo momento una carriera non la inizia, e questa è la parte triste ovviamente. La parte invece, e qui ci tengo a fare chiarezza, che è molto positiva è che una volta  le case discografiche ti potevano procurare un pubblico però, se non te lo procuravano loro tu non esistevi. Il lavoro diciamo che oggi è molto più democratico. Una volta, diciamo così, se non piacevi ai 10 direttori artistici delle radio, delle case discografiche o dei giornali , non piacevi a quella quarantina di persone, tu la carriera non la iniziavi neanche, perché queste persone erano dei semafori. Adesso invece la tua carriera la inizi anche se non piaci a nessuna di queste persone, se piano piano il pubblico te lo costruisci. In questo ultimo caso questi addetti ai lavori saranno poi costretti a venirti a cercare.

Questo è successo un sacco di volte, gli artisti con cui lavoro io, non avrebbero mai iniziato la carriera con il sistema di una volta, perché un gruppo come Lo Stato Sociale, o come Le Luci Della Centrale Elettrica o un artista come Cosmo, non sarebbero mai stati considerati credibili dai direttori artistici di una volta. E infatti si sono costruiti un pubblico loro da soli e poi sono arrivate le strutture discografiche a dare una mano. Tutti questi artisti si sono trovati un loro pubblico da soli con le loro forze e dei loro amici che gli davano una mano e quindi è vero, dispiace che l'artista solitario non abbia più la possibilità di raggiungere un pubblico, di avere delle strutture che lo aiutano a raggiungere un pubblico, ma è anche vero che è molto più democratico un sistema che dipende proprio dal gusto del pubblico e non dal gusto delle trenta, quaranta persone che sono lì a decidere se una cosa è valida o no. A questo punto, il mio lavoro o servizio non è più quello di scegliere da zero e poi sviluppare un progetto, ma è quello di individuare tra i progetti che stanno già funzionando abbastanza bene, quelli che, secondo me, funzioneranno più a lungo e di più, questa è la grossa differenza.

Ok quindi per ricollegarmi al discorso che hai detto poc'anzi, un artista, una band che sui social ha dei numeri tipo 10, 15, 30 mila follower, che in qualche modo interagiscono ogni qualvolta postano qualcosa che riguarda la loro creatività, per un'etichetta discografica diventano artisti da valutare? Oppure cercate dei numeri ancora più importanti affinchè si muova la major?

Diventano degli artisti da valutare però, dobbiamo valutare innanzitutto se questi numeri sono veri, perché nel digitale ci sono artisti che hanno tanti follower e poi  i concerti sono sempre vuoti. Ci sono artisti che hanno tanti follower però pochi realmente interagiscono con loro alle loro domande alle loro iniziative, allora li è chiaro che si tratta proprio della falsità dei dati e questo si può trovare incrociando i dati. Poi va detto che io posso anche andare ad ascoltare uno che ha molti follower, se però sento una carenza di personalità,  o una carenza di originalità, o di professionalità, per me può avere anche un milione di follower ma io non lo cerco.

Poi certo a me è capitata una cosa che è stata molto curiosa, con i Pinguini Tattici. I pinguini tattici li conoscevo ovviamente già da tempo però non mi sembravano un progetto così sopra la media dei gruppi che giravano in Italia. Quando ho scoperto che avevano un concerto al forum e che andavano a Sanremo nei Big ho detto, beh questi qua me li sono persi. Io sono particolarmente noto e bravo per beccare gli artisti agli inizi, i Pinguini quindi diciamo non li avevo capiti. Ma cosa è successo mentre ero all'Ariston e stavano facendo le prove? Sono venuti a parlarmi loro perché mi conoscevano, perché erano fan di tanti gruppi che avevo seguito, e a quel punto io, che di solito non firmo un artista se non è all'inizio,( perché dico se non l'ho capito all' inizio vuol dire che l’avrà capito qualcun altro e dico, bravo lui). In questo caso, io che lavoro con artisti che seguo dall’inizio dei loro esordi, invece mi sono trovato ad avere, Riccardo, il cantante dei pinguini, che è venuto a chiacchierare con me. Parlando ho scoperto che era una persona molto intelligente molto simpatica ed era comunque interessato ad avere un'offerta anche da parte mia. A quel punto gli ho fatto un’offerta, non sarei mai andato a cercarli io perché ormai erano già troppo grandi, mi sembrava di arrivare in ritardo, ma chiaramente in questo caso non potevo dire di no perché era chiaro a tutti che erano un progetto interessante, 

Potresti dare dei suggerimenti a degli Artisti emergenti per attirare l'attenzione degli A&R?

Non ci sono scorciatoie cioè gli artisti emergenti per avere una speranza devono prima di  tutto avere le due caratteristiche di cui parlavo prima, cioè avere un’originalità nel loro progetto e avere un immediatezza nel progetto. Quindi devono avere senso di autocritica, perché molto spesso vedo artisti che non hanno queste due caratteristiche o neanche una delle due e sprecano un sacco di energie inseguendo questa cosa.  Allora bisogna essere molto chiari perché la musica può essere un lavoro ma può essere un hobby. Personalmente non dirò mai a nessuno, lascia perdere la musica, così come non direi mai a nessuno, smettila di andare a giocare a calcetto. Cioè uno deve poter sviluppare i propri hobbies, però una cosa è sviluppare i propri hobbies, perché ti diverte, un’altra cosa invece è incattivirsi perché non riesci ad avere il successo che pensi di meritare. Ecco questa seconda cosa qua io cerco di evitarla nel senso che uno fa musica perché si diverte, poi se ha queste caratteristiche può anche sperare, in prima battuta, di cercare di  ottenere un pubblico.  Nel momento in cui c'è della gente che viene a vederti dal vivo, può capitare che arrivino dei contatti importanti. Torno allo Stato Sociale, i ragazzi de Lo Stato Sociale in realtà son partiti facendo delle feste a Bologna per poi allargarsi all'Emilia e poi piano piano alla Toscana. Facevano queste feste perché si divertivano, si divertivano loro si divertiva il pubblico. Quando queste feste han cominciato ad avere migliaia di persone che li andavano a vedere, qualcuno mi ha segnalato questo gruppo, la stessa cosa è successa con Cosmo. A quel punto io come qualcun altro addetto ai lavori, può muoversi e quindi non ci sono dei trucchi delle scorciatoie, come si poteva pensare negli anni 80, dove ti dicevano fate una bella copertina fate un video costoso piazzatevi sotto le case discografiche, imparate chi sono i personaggi che contano. Ecco questi son trucchi che oggi non servono a niente, in questo momento conviene concentrarsi su fare qualcosa di buono e poi crearsi un pubblico che lo apprezza e poi, gli addetti ai lavori, arrivano in seconda mandata.

E qui arriva la domanda provocatoria: l'artista o gli artisti o band e gruppi che hanno un loro pubblico anche sostanzioso che si auto producono per i fatti loro sul mercato, che vantaggi hanno a rivolgersi alle case discografiche?

Quello che dicevo prima hanno due tipi di vantaggi:

1) il fatto comunque finanziario economico, nel senso che tu puoi aver fatto un disco di successo, un tour di successo, sei sicuro che andranno tutte così? Non è detto. Nel momento in cui tu però hai fatto qualcosa di successo e trovi una struttura che ti garantisce invece per 2-3 album, per 2-3 tour,  è come se tu avessi trovato “il posto fisso”, e hai la sicurezza di poter fare quel lavoro per po' di tempo e non dipendere dal prossimo singolo;

2) l'altra cosa poi è che, come dicevo prima, è vero che c'è bisogno di avere un pubblico però per esempio i Baustelle quando hanno firmato con Warner facevano 200 - 300 - 400 persone a data, il che era ottimo per un gruppo senza contratto, poi son passati a 2000 3000 persone. Quando io da manager dei Baustelle li ho piazzati in Warner, (con il disco dove c'era la guerra è finita come singolo), ed è stato un caso che ho seguito direttamente, anche perché in quel momento facevo pure da editore e produttore esecutivo a loro. All’epoca è successa una cosa, siamo partiti per una tournée, alle prime date il compenso era €500 a data, alle ultime date era €10000 a data, all'interno di una sola tournée. Perché nel frattempo era uscito un pezzo e li la radio è stata basilare, la radio e MTV. Il lavoro che era stato fatto su un pezzo come la guerra è finita aveva fatto proprio passare i Baustelle, da un gruppo interessante alternativo a un fenomeno quasi pop italiano. Quindi diciamo che l'intervento di una struttura serve proprio a questo, a dare sicurezza economica e a consolidare la tua posizione sul mercato, perché ovviamente i collegamenti che noi abbiamo con i programmi televisivi con le maggiori strutture radiofoniche sono utili a un artista che deve iniziare.  

Ho letto in una tua intervista che tu oltre a valutare l’artista valuti anche il progetto, cosa intendi per progetto?

Per progetto intendo l’insieme. Quando ho firmato i Subsonica, i Baustelle o i Tre Ragazzi Morti o Lo Stato Sociale non ho valutato la singola canzone, non mi mettevo li ad ascoltare la singola canzone e dire questa è buona questa non è buona, valutavo il mondo che loro proponevano cioè che discorso c’era dietro il loro progetto, se avevano un’immagine visiva chiara, se avevano un’immagine dei testi, un insieme di testi che volessero dire qualcosa. Non bastano delle canzoni per creare il collegamento col pubblico, devi proporre un mondo, un tuo mondo in cui il pubblico può entrare. A quel punto se il pubblico entra, verrà ai tuoi concerti, sentirà i tuoi dischi, comprerà le tue magliette, cioè entrerà nel tuo mondo. Se ad un pubblico darai solo una canzone carina, la canzone carina il pubblico se la sente senza partecipare alla tua crescita, né di carriera, né economica. Io ho sempre lavorato così anche quando si vendevano i dischi. In questo momento è ancora più importante proporre al pubblico un mondo piuttosto che una singola canzone carina.

Secondo la tua esperienza quali opportunità possono trovare gli artisti emergenti del Sud Italia come sai ti sto chiamando dalla Sicilia,

Io lavoro con parecchi artisti siciliani, i primi che  mi vengono in mente sono Colapesce Di Martino  che ho lavorato con Levante, ho lavorato con Kaballà che è uno storico cantautore siciliano ed è anche un amico, Mario Venuti è un amico quindi diciamo che sono legato molto ai musicisti siciliani.

Rimanere  al sud, in particolar modo in Sicilia, lontani dalle sedi delle etichette discografiche più importanti è uno svantaggio per chi vuol fare musica?

E’ scomodo, lo vedo nei fatti, io vedo che molti si trasferiscono a Milano, poi ci sono casi esemplari come Franco Battiato, arriva dalla Sicilia sta a Milano parecchi anni ma continua ad avere successo ed essere un cantautore importantissimo anche quando a un certo punto torna in Sicilia. Quindi tutto può essere fatto, si può benissimo gestire una carriera anche dalla Sicilia dalla Sardegna dalla Puglia. E’ chiaro che tutto è molto più comodo se tu vai vicino a dove ci sono le strutture discografiche, le più grosse strutture radiofoniche, le più grosse società di produzioni televisive. Quindi è una comodità, non è un obbligo, però vedo nei fatti che chiunque viene a Milano. Ormai è difficilissimo trovare delle persone che lavorano nella musica a Milano che siano Milanesi, a Milano arrivano tutti. Io per esempio sono piemontese, però quando ho cominciato a lavorare nella musica sono venuto a Milano. Tramite una ragazza pugliese che si occupa dell'ufficio artistico in Sony mi sono reso conto di quanti pugliesi c'erano a Milano, e tramite un'altra persona, tramite appunto Colapesce Dimartino, ho scoperto quanti siciliani ci sono a Milano. Il mondo della musica è tutto a Milano,  anch'io sono venuto a Milano 29 anni fa, pensavo di farlo per qualche anno per imparare le cose principali e poi tornare in Piemonte e sviluppare dei progetti, in realtà le multinazionali sono tutte a Milano, quindi per un addetto ai lavori è quasi obbligatorio, per un artista no. Però di fatto poi quasi tutti si spostano a Milano.

Come si diventa A&R?

Guarda è uno dei pochi lavori in cui è molto difficile far entrare persone nuove perché le devi vedere all'opera. In realtà l’A&R deve avere la passione per la musica, deve saper  avere a che fare con le persone, perché è un lavoro di relazioni e devi essere sveglio perché è un lavoro in cui nessuno ti prepara la strada e ti dice cosa devi fare. Tutte queste caratteristiche le devi avere già in partenza, poi quello che fa di te un A&R è la capacità di firmare dei progetti che funzionano e quello lo vedi solo dopo. Io ad esempio quando sono entrato, avevo nel mio piccolo dimostrato di azzeccare degli Artisti che potevano funzionare. Di solito io consiglio sempre di non pensare di entrare nelle grandi case discografiche all'inizio della carriera ma entrare a piccoli passi. Negli uffici artistici si entra spesso dopo essersi occupati della promozione radiofonica, o come uffici stampa, o promozione televisiva. Tu entri, cominci a capire come funziona quel mondo e poi, piano piano, come è successo a me, capisci il tuo settore. Io lavoravo con Elio e le Storie Tese i Pitura Freska, mi sono fatto due Sanremo con il papa nero e con la terra dei cachi, a un certo punto il mio capo di allora mi ha detto “Senti ma perché non provi a vedere se c'è qualche artista che ti piace vai firmalo e lo sviluppiamo”, perché cominciava a fidarsi di me come lavoravo, dei miei gusti. Quindi è rischiosa l'assunzione direttamente come A&R . A noi in Sony è capitato di farlo e dopo un anno abbiamo dovuto spostare le persone appena assunte in altri settori dell'azienda perché erano persone intelligenti, adeguate, potenzialmente brave nel loro lavoro, ma di fatto non riuscivano a firmare artisti che avessero un riscontro.

Va bene Roberto concludiamo questa nostra chiacchierata con i ringraziamenti. Ti ringraziamo per averci dato la tua disponibilità, per la capacità che hai dimostrato di mettere a suo agio chi sta dall'altra parte, in ultimo se ti fa piacere se lungo il nostro cammino nella musica ci capita di incontrare o ascoltare qualcosa di interessante ti chiediamo la disponibilità ad un ascolto.

Certamente si, ringrazio voi per l’interesse e l’attenzione dedicata e auguro buona musica a tutti!

 
 

05/05/2023 - Pubblicato da Telepatti.it
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